archettaio

Non c’è violino (né viola, né violoncello, né contrabbasso) senza archetto. 
Semplice, diranno alcuni. Scontato diranno altri. Facciamo però attenzione all’archetto perché è tutto eccetto che scontato. 

Dovremmo imparare a rivolgere all’arco la stessa ammirazione che riserviamo allo strumento (violino, viola, violoncello o contrabbasso che sia) perché non si tratta di una “semplice” bacchetta in legno su cui vengono tesi alcuni crini di cavallo: si tratta di sonorità e di resa acustica dello strumento stesso. Si tratta di musica. Non a caso, infatti, il famosissimo violinista e compositore Giovanni Battista Viotti (1755-1824) affermava senza esitazione che “Il violino è l’archetto”.
L’arco è l’origine della voce del violino. L’arco rappresenta la storia del suono e la sua trasformazione è frutto dell’evoluzione della musica. Archetto e violino (e viola, violoncello e contrabbasso) sono partner imprescindibili, un binomio indiscusso e indiscutibile, due anime inscindibili. Tutto vero, tutto corretto, ma è necessario, anzi fondamentale, una precisazione: l’archetto non segue lo strumento, segue il musicista. 

L’archetto, infatti, non prescinde dal musicista che lo deve usare (né chiaramente dal tipo di strumento che deve suonare): è un vestito fatto su misura. “Il rapporto con i musicisti durante la costruzione dei miei archi è fondamentale: il violinista mi svela cosa manca e cosa deve essere migliorato. Ogni archetto che costruisco è un percorso di crescita personale e professionale.” A parlare è Walter Barbiero, uno dei 12 maestri archettai italiani contemporanei che, dopo essere diventato violinista e violista al Conservatorio “Steffani” di Castelfranco Veneto, e aver suonato in importanti orchestre italiane e straniere, è andato in Francia a studiare come si diventa archettaio per poi tornare in Italia, a Piombino Dese, e aprire, alla fine del secolo scorso, la sua bottega, che oggi è tappa fondamentale di violinisti di fama mondiale come il magnifico Uto Ughi.

“L’arco è una parte fondamentale del suonare, è il prolungamento del braccio e permette al musicista di caratterizzare, di rendere unica, la sua musica – continua Barbiero – Inoltre, è estremamente affascinante la lavorazione che richiede, i materiali con cui lo si compone che possono essere i più diversi: non si usano esclusivamente legno e crine, si possono usare oro e argento, madreperla e fibra di carbonio. Inoltre, per quanto riguarda il legno, se ne possono usare di diversi tipi: legno serpente, per riprodurre gli archi antichi, e pernambuco per quelli moderni, e in tutti possibilmente si aggiunge qualche componente in ebano. Ancora, si possono usare crine bianca, grezza o nera (quest’ultima solitamente viene usata per gli archi da contrabbasso). L’unico materiale che non si usa più è l’avorio, sostituito con la caseina e galalite. Ogni arco è un pezzo unico, è un’opera non replicabile creata per rendere perfetta la musica di quel preciso musicista. È l’equilibrio compiuto tra peso, dimensione, resistenza ed elasticità delle componenti.” 
La realizzazione dell’archetto è una vera e propria forma d’arte che richiede tempo e maestria. Chi costruisce l’archetto si chiama archettaio, da non confondersi con il liutaio che è colui che costruisce il violino. Il padre di tutti gli archettai è Francois Xavier Tourte, un artigiano francese che perfezionò la curvatura a caldo. 
Fondamentale perché l’archetto suoni è il passaggio del crine sulla pece: il maestro Barbiero ha riscoperto un’antica ricetta in uno libro dei cordai padovani conservato al museo Eremitani e, facendo qualche piccola modifica alla composizione originale, ha creato una sua pece completamente made in Padova.
“Walter Barbiero partecipa alle fiere internazionali più importanti – ha detto il Presidente della Provincia, Fabio Bui – come Cremona, Tokyo, Shangai, Francoforte e Los Angeles, ed è apprezzato dai musicista più famosi e amati dal pubblico e dalla critica. Sono felice che dopo aver carpito i segreti degli archettai francesi sia tornato in Italia e abbia scelto la Provincia di Padova per esercitare la sua arte. Senza dubbio possiamo annoverare Walter Barbiero tra i più prestigiosi ambasciatori della padovanità nel mondo.”
Il nome archetto viene dalla forma ricurva dello strumento (sì strumento, perché è anch’esso un vero e proprio strumento) che ricorda l’arco per frecce: del resto, la musica può colpire il cuore e la mente in modo indimenticabile quanto una freccia appuntita può segnare la carne.
Alla visita ha partecipato anche il Sindaco di Piombino Dese “Per un sindaco è motivo di orgoglio avere tra i propri concittadini una persona speciale come Baribero – ha dichiarato Cesare Mason - Nonostante sia tra i più quotati maestri archettai del mondo, Walter continua a essere prima di tutto un appassionato di musica che vive non solo come lavoro ma come uno dei modi più efficaci per dare senso profondo alla propria vita”.

Oltre alla produzione di archetti contemporanei, Walter Barbiero costruisce anche archi barocchi e medioevali: per realizzarli ha studiato con attenzione la transizione delle curve, i modelli, i pesi, i bilanciamenti, oltre all’evoluzione degli strumenti stessi.
Singolare e molto bella l’iniziativa a cui, qualche anno fa, hanno partecipato tutti i maestri archettai italiani in difesa degli elefanti: hanno preso parte a una competizione beneficia che ha permesso loro, con il ricavato della vendita dei loro archi creati appositamente per l’occasione, di adottare un piccolo elefante garantendogli una lunga vita sera.

05/04/2022