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Sono loro le protagoniste, “Le donne della pandemia” scienziate, ricercatrici, madri, volontarie, donne di fede e ai vertici di Istituzioni che hanno raccontato con le loro esperienze e testimonianze cos’hanno rappresentato due anni di emergenza sanitaria. Un incontro che si è tenuto nella splendida sala del Consiglio a Palazzo Santo Stefano, voluto dal vicepresidente della Provincia di Padova Vincenzo Gottardo, alla presenza del presidente Fabio Bui, di Daniela Mapelli Rettrice dell’Università degli Studi di Padova, di Antonella Viola Professore Ordinario di Patologia Generale presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Padova e Direttore Scientifico dell’Istituto di Ricerca Pediatrica (IRP-Città della Speranza), di Anna Maria Cattelan Direttrice del Reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale di Padova, di Cristina Gazzin Responsabile Protezione Civile della Provincia di Padova, di Sr. Albina Zandonà Direttrice Cucine Economiche Popolari di Padova.
“Ho pensato ad un’iniziativa singolare e prestigiosa - ha detto Vincenzo Gottardo – un modo per celebrare l’impegno di alcune donne che hanno sostenuto con encomiabile sacrificio e responsabilità due anni di emergenza sanitaria. E’ un modo per ringraziarle per la loro abnegazione, professionalità e dedizione, spesso coniugata con impegni familiari. Questo credo sia il vero senso dell’8 marzo, non una festa, ma una ricorrenza per ricordare e valorizzare quotidianamente l’opera di donne che vanno innanzitutto rispettate, onorate, per ricordare tutte le battaglie fatte in campo sociale, economico e politico. Mi piacerebbe davvero che l’8 marzo diventasse una data come tutte le altre nel calendario. Non per sterile polemica, né tanto meno per dimenticare i sacrifici veri, di donne coraggiose che hanno dato la vita per combattere ogni forma di oppressione. Più semplicemente, perché il diritto alla dignità e al rispetto dovrebbero essere un valore talmente sacrosanto e condiviso da non aver bisogno di festeggiamenti.
La giornata di oggi vuole tornare fermamente sul tema per capire qual è il nostro rinnovato atteggiamento per il futuro e quali insegnamenti ci ha lasciato questo periodo così drammatico, un racconto tutto al femminile, perché, indipendentemente dal genere, sono le competenze a fare la differenza”.
Molte le autorità presenti in sala, il senatore Antonio De Poli, il sindaco Sergio Giordani, i consiglieri provinciali Daniele Canella, Marco Schiesaro, Anna Barzon e molti sindaci e amministratori del territorio.
“Non è una celebrazione – ha sottolineato Fabio Bui – ma un impegno che ognuno di noi deve fare proprio. Le donne protagoniste di questa giornata sono accomunate dalla passione e dalla professionalità. Donne che hanno svolto con merito e abnegazione il proprio servizio e lo svolgeranno anche dopo questa emergenza. Siamo stati catapultati dal Covid, alla guerra in Ucraina e anche in questa situazione molte difficoltà sono sulle spalle delle donne che devono farsi carico della famiglia e dei bambini. Oggi il ruolo della donna non viene determinato dal decreto legge che garantisce le quote rosa, ma viene guadagnato sul campo, con il ruolo, la professionalità e le capacità. Auspico che questa giornata possa essere occasione di riflessione per condividere le esperienze, ma dalla quale possa partire un rinnovato impegno perché ciascuno di noi è portatore di responsabilità”.
Il racconto della rettrice Daniela Mapelli è intenso e vigoroso: “Abbiamo sperimentato che a Padova vi è una grandissima collaborazione e interazione tra Istituzioni e questo è uno dei migliori insegnamenti che ci ha lasciato la pandemia. Lavoro, famiglia, figli, è stato un periodo senza tregua, si lavorava giorno e notte, tavoli istituzionali continui per organizzare improvvisamente la didattica a distanza per 3mila insegnanti. Possiamo dire d’aver fatto la scelta giusta anche perché il numero di esami svolti è stato il medesimo e non ci sono state differenze significative. La pandemia non è stata solo emergenza sanitaria ma è diventata sociale ed economica e Padova è riuscita a trovare delle soluzioni nella multidisciplinarietà. Auspico che due anni di Covid ci abbiano lasciato un insegnamento in termini di resilienza di comunità”.
“La scienza – ha detto Antonella Viola – non era una materia che trovava posto abitualmente nei mezzi di comunicazione, è sempre stata assente dalla cultura dominante del Paese. Ci siamo trovati disarmati di fronte alla pandemia, non avevamo intensificato i posti in terapia intensiva, non avevamo mascherine, guanti, né attivato assistenza di unità domiciliare soprattutto per la terza età. Ora sta a noi a continuare a chiedere di parlare di scienza, siamo già dentro diverse emergenze come il problema ambientale, del surriscaldamento, dei batteri che stanno diventando resistenti ai nostri antibiotici. Se non manteniamo l’allerta su questi problemi vuol dire tornare indietro nel tempo e sottrarre un futuro alle prossime generazioni. Spero in una società non resiliente, ma che viva il cambiamento, lo interiorizzi, dimostri una società più matura in grado di affrontare i mutamenti che ci aspettano”.
Annamaria Cattelan ha riportato l’esperienza dalla trincea dell’ospedale: “Ci siamo trovati a fare tutt’altro lavoro nonostante fossimo infettivologi, pronti ad affrontare la pandemia, ma abbiamo lavorato con grande abnegazione e responsabilità. In Azienda Ospedaliera abbiamo fatto più di 250 mila tamponi, 4550 ricoveri e più di 2700 solo a malattie infettive. Un grande lavoro che ha visto soprattutto il genere femminile impegnato. Ho ancora negli occhi lo sguardo dei pazienti che, attaccati alla maschera di ossigeno, mi chiedevano “Ce la farò?” E’ un grande pensiero che mi prende e mi travolge ancora oggi”.
“Quest’anno – ha detto Suor Albina – le Cucine Popolari festeggiano i 140 anni, una lunga storia fatta di solidarietà e vicinanza alle persone in situazioni di vulnerabilità. Con la pandemia abbiamo valutato di continuare i servizi aprendo le porte a chi non ha porte, ma nel rispetto della legalità. Abbiamo trovato la modalità, modificato i servizi, ridotto i posti ma continuando la nostra opera. Sono venuti alcuni chef di ristoranti padovani e di fronte a un momento di crisi hanno fatto sentire la loro voce offrendo la loro professionalità e moltiplicando il bene”.
E’ stata un’emergenza che ci ha colti di sprovvista come un terremoto – ha concluso Cristina Gazzin – con numeri importantissimi. Abbiamo allestito una quarantina di tende davanti agli ospedali, davanti ad alcune RSA a supporto della sanità della nostra provincia. Siamo diventati hub regionale dove è confluito tutto il materiale e abbiamo provveduto alla distribuzione di milioni di attrezzature, guanti, mascherine, disinfettanti, con una mola di lavoro di 47mila giornate lavorative, 3mila volontari che hanno dato supporto anche ai centri vaccinali. Siamo stati subissati di richieste, ma c’è la necessità di investire per poter pensare in modo sereno a un futuro di Protezione Civile”.
L’incontro è stato concluso con il saluto di Antonio De Poli, che ha ringraziato tutti i presenti: “La possibilità di fare rete è l’insegnamento migliore che ci ha lasciato questo periodo, è espressione di collaborazione, solidarietà, volontariato, ricerca, scuola e università. Alle donne va la nostra gratitudine perché sono il cuore pulsante della vita”.